Lo sport ci racconta spesso delle storie meravigliose di grandi successi e straordinari risultati ottenuti. Talvolta, però, ci regala anche dei verdetti incredibili e delle grandi ingiustizie. È il caso di Angelo Musone, che nel 1984 venne letteralmente defraudato di una finale olimpica che aveva meritato sul ring.
Un grandissimo talento marcianisano
Era il 1984 e nella città statunitense di Los Angeles si stavano disputando le Olimpiadi. Per l’Italia gareggiava uno dei pugili più forti e promettenti del mondo, Angelo Musone, proveniente dall’Excelsior Boxe di Marcianise che, negli anni, ha sfornato tantissimi talenti. Il ragazzo della provincia di Caserta arrivò imbattuto alla competizione. Nessuno, infatti, era mai riuscito a batterlo negli incontri ufficiali fino a quel momento disputati. La competizione olimpica, tuttavia, si presentava come una sfida improba, anche per un talento straordinario dei pesi massimi come il marcianisano.
La sfida, tuttavia, non lo intimorì, anzi. Sin dal primo match, infatti, Angelo riuscì a sovvertire tutti i pronostici, battendo lo scultoreo pugile keniota Omondi. Nei quarti, poi, riuscì a dominare un altro grande atleta come lo svedese Brock. Dopo queste due grandi vittorie per Musone, però, ne arriva una ancora più complicata. Di fronte a lui si presenta Henry Tillman, beniamino di casa, che in quell’anno riuscì a batter per ben due volte un giovane che avrebbe dominato la scena della boxe per anni: Mike Tyson. Anche in questa occasione il pugile marcianisano non deluse le aspettative. Quando sembrava che la vittoria fosse certa, tuttavia, una delle più grandi ingiustizie della storia pugilistica si consumò in quell’amarissimo 8 agosto.
L’indimenticabile ingiustizia ai danni di Angelo Musone
In occasione della semifinale, infatti, Angelo Musone scende carico come non mai sul ring. Nonostante la prestanza e lo strapotere di Tillman il match sembra non avere storia con il marcianisano che malmena letteralmente il pugile di casa. La straordinaria performance viene notata anche dai giudici che, per non accanirsi sull’atleta di casa, decretano una vittoria per tre a due a favore di Musone. A causa di un’innovazione controversa dell’Association Internationale de Boxe Amateurs (AIBA), però, il voto deve essere confermato da un giury. Ed è proprio qui che si consuma uno dei più grandi scandali sportivi della storia.
Il giurato supplementare, infatti, sovverte completamente il verdetto, sancendo un punteggio incredibile di cinque a zero per l’americano. Alla proclamazione del vincitore anche il pubblico di casa fischia l’arbitraggio e a Musone non resta che portare a casa la sconfitta più amara e immeritata della storia.
Il pugile marcianisano classe ’63, anche a causa di problemi fisici importanti, si ritirerà poco dopo, ancora ventiquattrenne. E ancora oggi racconta con grande rabbia quell’ingiustizia che lo relegò sull’ultimo gradino del podio, lasciandogli un bronzo che ha il sapore di un metallo ben più importante. Metallo come l’oro che, guarda caso, si portò a casa proprio Tillman.
Foto di copertina proveniente dal profilo Facebook dell’ex pugile